Un articolo molto interessante su Dig Delve che illustra le piantumazioni autunnali del giardino. Non solo piante, ma anche note utilissime riguardo proporzioni, scorci e visione architettonica complessiva.
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Prima di tutto cosa scrivono loro:
Dig Delve is an online magazine focussed on the writing of garden and landscape designer Dan Pearson, edited by and with contributions from his partner, Huw.
We will primarily feature stories about gardens, horticulture, plants, landscape, nature, food growing and eating, but will also be looking at inspirational growers, producers, farmers, makers, cooks, florists, artists and craftspeople – anyone with talent, integrity and a fundamental connection to the natural world. There will be four seasonal issues a year, with stories being added every week.
In pratica una rivista online nata questa primavera, quattro numeri l’anno, le stagioni. L’ho scoperta oggi per caso e anche a una sommaria lettura lascia senza fiato. Hanno questa grande capacità, quei due, di mettere insieme immagini e scritti con la qualità e il peso delle cose vere.
E i font grandi e leggibili, l’occhio senile ringrazia!
Per caso sono inciampata su questa fotografia (qui la trovate più grande) che ha confermato i miei sospetti: anche a Dan piacciono le margherite che lo superano in altezza!
Prima di tutto ci sono solo tre pagine di pubblicità su centoquarantatré; lo dico per quelli che si scandalizzano per la quantità di pubblicità che contengono le riviste – a me quella esplicita non dà fastidio, mi dice chiaramente: sono una rivista e ho bisogno di pubblicità per campare. Discorso completamente diverso sono quelle camuffate (le marchette), che acchiappano la nostra buona fede e la maltrattano, mandandoci in confusione; ma siamo tutti adulti nell’anno 2013 e farci fessi non è così facile. (Che poi è paradossale: quante meno pubblicità troviamo, tanto più le ricorderemo. Quando siamo di fronte a un muro di rimandi è difficile che qualcosa faccia presa, rimane una sensazione di rumore di fondo più sgradevole che efficace.)
Un’altra cosa piccola e piacevole è la carta: bianca e opaca, tipo libro; si può sottolineare, non luccica troppo ed è discretamente spessa al tatto.
Riguardo al contenuto, dico che ci sono almeno un paio di articoli che rimangono. La lunga intervista ad Alys Fowler, con foto originali. Le risposte di Alys sono quanto di più contemporaneo si possa leggere a proposito della pratica in giardino e dell’idea generale che abbiamo di esso – il dominio che siamo abituati ad avere con le cose che ci circondano fallisce miseramente nel confronto con il verde, che per sua stessa natura impone un altro passo tutto da imparare.
Gardening works on a different scale. I look out and there are things I don’t like about the garden this year. I have to wait a whole year before I can change that. So being on a totally different cycle to society is quite nice. It doesn’t matter how much I want a tomato right now – I can’t have one! […] once you learn how to garden, you see that control is actually quite useless. It doesn’t work. The garden will do its own thing.
Se state attenti alle parole vi accorgete che non è il solito linguaggio, ma ha il sapore croccante della presa diretta dal suo orto. Fowler è molto qui e oggi, tanto quanto Clément può suonare a volte accademico. Ci insegna addirittura a misurare il ph del terreno con il cavolo rosso! semplicemente si affetta il cavolo, si fa bollire in poca acqua, si filtra il succo così ottenuto e poi lo si fa reagire con diversi tipi di terreno: se è acido il liquido diventa rosso, viola se è neutro e giallognolo se è alcalino.
C’è poi un articolo sui parchi progettati da Isamu Noguchi che sinceramente non ho capito. Se conoscete un po’ sua biografia e le sue opere forse la difficoltà ad avvicinarsi a lui risulta più chiara, è un artista complesso e se non si va a fondo il rischio è di rimbalzare sulla superficie e alla fine non dire niente. È quello che mi pare succeda spesso parlando di Giappone, ne subiamo il fascino ma non andiamo oltre, mentre la differenza culturale ci fa spettatori un po’ vuoti. Dan Pearson in Spirit dice che bisogna andare outside the comfort of your own culture, e forse è vero.
Una frase che mi ha fatto ridere:
To learn to witness nature as it happens without always wanting to influence it, hinder it, orchestrate it, craft an experience out of it, blog it – or for Christ sake – Instagram it.
Sarah Ryhanen di Worlds End Farm la dice alla fine dell’articolo sulla fattoria nella quale coltiva i fiori per il suo negozio. La più aperta e comica delle contraddizioni per una che di mestiere, appunto, orchestra, ammaestra, blogga e instagramma fiori e lo fa bene. (Se andate alla pagina della scuola in cui Sarah Ryhanen e Nicolette Owen insegnano l’arte di sistemare i fiori, nel blog il 23 settembre c’è una gallery dei lavori degli studenti che lascia proprio senza fiato, composizioni di una freschezza e un’inventiva notevoli – forse che gli studenti, liberi dall’idea di soddisfare qualcuno, riescano a produrre meglio delle maestre?)
E alla fine, Borgen Island in Svezia, solo foto. E per fortuna non se ne trovano su internet – sospetto perché difficili da infiocchettare: pura, meravigliosa roccia liscia che affiora su orizzonte piatto.
Da ultimo, la foresta di Fukushima, anche qui solo foto e una sola bella didascalia.
Mi ritengo soddisfatta dell’acquisto, avevo il terrore si trattasse di una di quelle riviste fighette tutto fumo e niente arrosto, invece per ora c’è sostanza.
Ancora Rousham, era già venuta fuori questa mia fissazione quando lessi Spirit – Garden Inspiration di Dan Pearson, anzi, addirittura andai a Roma a vederne la presentazione. È che quando piace una cosa, il pensiero casca sempre lì e si rinnova il piacere anche con chi ci sta attorno.
Un’amica mi ha mandato il link a questo video:
che è bello e abbastanza corto da essere visto per intero, ve lo consiglio.
Monty Don è uno dei presentatori di Gardeners’ World, un programma di giardinaggio che va in onda ogni venerdì sera su BBC2, ovviamente in Gran Bretagna. E il giardino di Rousham si presta moltissimo ad essere visto in movimento perché modella i suoi passaggi costantemente in contatto con ciò che lo circonda, sia il paesaggio che il percorso stesso, con i punti di luce, di ombra, di forte mistero o di fermo riposo. Si passeggia in modulazione con il suono – acqua, respiro, uccelli, vento -, la vista che via via si apre e si chiude con gli occhi che si abituano alla luce e al buio, il passo che incontra il suolo morbido, duro, scricchiolante, scivoloso, sicuro o incerto; a volte nella progettazione si lasciano indietro dei sensi, ma a Rousham li contiamo tutti e dialogano vivacemente fra loro. Spero ci siano molti progettisti che sacrificano un po’ delle suggestioni solo visive e bidimensionali, a favore di una spazialità complessa, meno digeribile nell’immediato e meno fotografabile, ma più appagante e misteriosa.
Grande invidia oggi nei confronti di chi andrà all’incontro con Dan Pearson a Roma. Invito tutti – soprattutto chi mi conosce – a prendere molti appunti perché aspetto di ricevere numerose tesine sul tema. Mi raccomando, che l’argomento sia corredato di immagini, note precise sulle essenze usate e tutto quanto serva per una perfetta comprensione e successiva rielaborazione personale.
Sarò incontentabile, siete avvertiti!
Giovedì 2 dicembre, presso la British School a Roma, l’associazione Giardini Aperti – Giardineria organizza un incontro con Dan Pearson.
A differenza della conferenza di giugno, in cui l’autore aveva presentato il libro “Spirit – Garden Inspiration”, ora l’argomento sarà il suo lavoro, sia nell’approccio generale che nell’illustrazione dei singoli progetti.
Venerdì sono stata a Roma a seguire la presentazione del libro “Spirit – Garden Inspiration” di Dan Pearson, da parte dello stesso autore, invitato da Gabriella Recrosio, autrice di un bell’articolo pubblicato su Rosanova di aprile.
(immagine presa da Federal Twist)
L’avevo già letto e mi aveva colpita perché si parla di ispirazione nel senso più ampio del termine, quindi non solo giardini, ma architettura, scultura, forma; di come la sensibilità di una persona possa soffermarsi in maniera sinestetica su tutto ciò che la circonda e rendere l’esperienza uditiva, tattile, visiva e olfattiva un’unica realtà che pervade istantaneamente tutto. E di come la realtà che colpisce i sensi, tutti e ciascuno, rimanga nel nostro vissuto e torni fuori ad aiutarci quando ci troviamo a risolvere un compito, a svolgere una funzione, ad elaborare un progetto. Semplificando, non sono più capace di un altro di sviluppare un’idea creativa se ho studiato, se ho capito, se sono stato diligente, ma se sono capace di rendere le mie capacità abbastanza sottili e duttili da immagazzinare ciò che mi circonda e averne trovato le connessioni con la mia vita interiore e poi le so rielaborare in chiave pratica a fini concreti e operativi. Sostanzialmente qualcosa di innato. Certo, poi esiste il lavoro, la cosiddetta “traspirazione”, ma l’ascolto e la risonanza giusta dell’istante sono cose che già devono stare lì, il seme.
E’ interessante il libro di Dan Pearson perché assolutamente inutile, nel senso migliore del termine. Inutile ai fini della progettazione: non contiene progetti, non dà suggerimenti. Inutile come auto-promozione: non è un libro critico, non si scaglia contro nessuno, non innesca polemiche. Inutile come illustrazione: le fotografie sono piuttosto piccole e poco luminose, di qualità media – ho quasi il sospetto che siano appositamente scure per imporre uno sguardo più attento. E i luoghi di cui parla sono abbastanza alla portata di tutti – a parte alcuni posti più remoti -, non dico da turismo di massa, ma molte mete europee, Roma, l’Andalusia. Alla fine, è un libro da leggere con una certa attenzione perché non offre appigli né scorciatoie sentimentali, anzi, è piuttosto rigoroso e profondo nelle riflessioni, e in alcuni punti richiede una rilettura per cogliere tutti i concetti e le sfumature.
E’ ancor più interessante perché Pearson non è solo un teorico, un filosofo, un illustratore, ma lavora concretamente sul paesaggio, quindi forza, incanala e asseconda la natura all’interno di un progetto, dà forma visibile alle idee.
Ci sono alcune parole che ricorrono e che forse tirano il filo che ci conduce. Elusive (elusivo, sfuggente); I might be able to capture the appropriateness of things in their place if I learned to read what was around me (imparare a leggere ciò che abbiamo attorno); I knew I wanted to translate the freedom found in a natural landscape and work something of it into a garden setting (tradurre la libertà della natura).
Parla di Rousham, nell’Oxfordshire, restituendone il silenzio e la monumentale ma domestica bellezza (illustrata con piccole ma densissime foto), di Yosemite e del sentirsi piccoli dentro la foresta, dell’eclettismo disinibito dei Community Gardens in qualsiasi parte del mondo si trovino. C’è un’ampia parte dedicata alla sua esperienza in Giappone, che spazza via le vaghe idee imprecise che ciascuno di noi ha sul minimalismo come qualcosa di statico ed esangue, mentre è potente e senza tempo, di un’altra era. E proprio nell’esperienza giapponese troviamo il coinvolgimento più intenso, forse più recente, che lo accompagna, con ampie, illuminanti riflessioni.
“as the garden is fugitive and always in flux” è importante per questo punteggiare e puntellare la nostra esperienza del mondo naturale con libri come questo, o libri che ciascuno può creare da solo, mettendo insieme le esperienze, i passi, i pensieri “by simply taking the time to look”. E a volte anche guardare due volte.
In allegato al numero di aprile della rivista Gardenia è possibile acquistare il primo di due volumi de “La nuova enciclopedia pratica del giardinaggio”, la traduzione di un testo della Royal Horticultural Society del 2008, per un costo totale di 9,80 euro. Per ora l’ho solamente sfogliato, ma mi sembra una guida pratica ed esauriente delle principali tecniche di coltivazione sia delle piante ornamentali che dell’orto domestico. L’approccio è, appunto, esclusivamente tecnico, con numerosi disegni che illustrano passo passo gli interventi più comuni in giardino e qualche piccola fotografia di possibili realizzazioni.
Riporto qui (brevemente) il sommario, per dare un’idea degli argomenti trattati:
- Le basi del giardinaggio – conoscere il proprio terreno e imparare a migliorarlo
- Wildlife gardening – la fauna del giardino
- Coltivare le piante ornamentali – annuali, perenni, bulbose, alberi, arbusti, siepi, rose e rampicanti
- Coltivare ortaggi ed erbe aromatiche – le verdure dell’orto e le erbe aromatiche più conosciute
- Coltivare la frutta – i piccoli frutti: ribes, uvaspina, mirtilli, lamponi, more, fragole, uva e meloni
Nel secondo volume, che sarà allegato al numero di maggio, si parlerà del frutteto amatoriale, del prato, del giardino acquatico, della coltivazione di piante in vaso, in serra e delle tecniche di propagazione.
A mio parere è un buon volume, con un ottimo rapporto qualità/prezzo, che spiega in maniera dettagliata e scioglie i dubbi più diffusi del neofita. Naturalmente bisogna tener presente che si tratta di una enciclopedia di pratiche e tecniche colturali, non dà indicazioni progettuali, di gusto o di estetica, ma si occupa del mestiere del giardinaggio, una sorta di “alfabetizzazione verde” condotta seriamente. Per l’approfondimento artistico e storico c’è ROSANOVA, che nel numero di aprile ci mostra alcuni lavori di Dan Pearson, un paesaggista inglese contemporaneo che adoro per la grande e vera capacità e sensibilità di lavorare con la tavolozza degli infiniti verdi che si trovano in natura.
ps: e nella rubrica di Gardenia “il vivaio raccontato” ci siamo noi!