È già da qualche tempo che il computer che uso abitualmente si comporta in maniera strana e sembra non riuscire a fare il suo dovere. Questa mattina, in particolare, pensavo ci avesse infine lasciato, poi (come vedete) ha misteriosamente ripreso a funzionare. Cercherò di risolvere le magagne tecniche quanto prima, abbiate pazienza se mi scrivete e non ricevete risposta. Il telefono funziona.
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Ci sono tante piante fiorite al momento in vivaio e ieri mi sono decisa a fare qualche foto. Ultimamente ho scelto uno sfondo che mi pare funzioni, sono le assi della capanna che c’è alla fine del campo. Cinquant’anni fa era uno stallino e ci viveva un maiale – un maiale fortunato, va detto, aveva una stanza ampia, pulita, all’ombra e nel suo trogolo finivano gli avanzi di famiglia; per lui solo acqua fresca. Certo non moriva di vecchiaia, ma nemmeno di noia e stenti.
Tutto questo per dire che se lasciate delle assi a invecchiare all’aperto, sollevate da terra e messe per costa, il legno scolora in un grigio che sembra minerale d’argento. In più, se ci mettete davanti delle piante lungagnone tipo Valeriana e un po’ a caramella tipo Sanguisorba, è una bella apparizione.
– Prima di tutto c’è un articolo ben fatto e illustrato sui giardini che i rifugiati siriani allestiscono nei centri di accoglienza in Giordania.
– Un’intervista a Gilles Clément a proposito del giardino che ha creato a Melle, un piccolo paese a ovest della Francia, fra Nantes e Bordeaux: il Giardino d’Acqua e Ortica. Mi piace perché su The Plant le interviste sono lunghe e approfondite e spesso vertono sugli ultimi lavori o addirittura quello che verrà fatto nel prossimo futuro, non si limitano a ripercorrere la carriera di un paesaggista, ma lo incalzano sul presente.
Sul progetto e su G. Clément ho opinioni contrastanti e rimango irrisolta, però questo giardino lo vorrei vedere.
– Un articolo su un designer che non mi piace. Ma al momento ho grossi problemi ad accettare qualsiasi oggetto che abbia la pretesa di non deperire a breve – tutta roba che ci rimane tra i piedi per troppo, troppo tempo.
– Un approfondimento sul lavoro di Camilla Goddard, apicoltrice urbana a Londra.
– Un articolo davvero molto interessante sulla cura degli alberi nei giardini tradizionali del Giappone e la spiegazione dello stretto legame fra natura e cultura nel dispiegamento della bellezza di un giardino.
– Una visita a Chernobyl.
– Un approfondimento sulla coltivazione del Ficus lyrata.
E molte altre cose, immagini, disegni – un po’ di materiale lo trovate qui.
Dal sito FUROSHIKI, un modo ganzo di portare i fiori:
Sul sito trovate anche molte tecniche per fare delle borse e dei portaoggetti con un semplice pezzo di stoffa quadrato. Pensateci quando venite alle mostre!
Un sito che ultimamente visito spesso e che talvolta mostra ottime soluzioni per il giardino, anche solo un’atmosfera a cui ispirarsi, è GARDENISTA. Ci sono tante belle foto che illustrano in maniera chiara vari argomenti riguardanti il vivere fuori e – così mi pare perché forse è una mia mania – mostrano i luoghi intermedi dentro/fuori, con soluzioni a tratti portentose che possiamo aggiustare in base alla realtà delle nostre case e dei nostri giardini (piccoli o grandi che siano). Naturalmente si tratta di un sito in cui vengono proposti oggetti da comprare, con i limiti che ciò impone: in sostanza prezzi altissimi per cose anche banali, ma regala a piene mani idee e soluzioni ingegnose, tutto con quel gusto contemporaneo per la bella immagine.
In particolare se andate sulla photo gallery, potete inserire diversi criteri di ricerca – materiali, paesi, stili, colori, etc – e trovare proprio quel particolare carattere che desiderate dare al giardino. Oppure nella stringa di ricerca generica potete mettere il nome di una pianta e trovate gli articoli in cui viene menzionata; ho dato un’occhiata e le indicazioni sono abbastanza precise.
C’è da perdersi, ma almeno abbiamo la scusa di farlo per la nostra crescita estetico-botanica, e poi lo sanno tutti che il naufragar, eccetera.
È buffa questa immagine fuoriscala, così potrebbe essere anche una tazza da tè.
Poi la vediamo così
e tutto torna alle giuste proporzioni. A me fa venire in mente le vignette della Settimana Enigmistica dove c’era sempre un esploratore un po’ scemo dentro un calderone sul fuoco con la tribù di cannibali che gli passano una carota per insaporire il (suo) brodo; chissà se le risate a denti stretti hanno ancora un pubblico (vivente, intendo).
Al momento non riesco a immaginare niente di più piacevole di un bel bagno caldo all’aperto. La temperatura è ancora mite, è tutto verde e rigoglioso e con una evidente spinta a godere gli ultimi favori di ciascuna giornata: ci si aggrappa, ostinati, a ogni minuto in meno di luce. E c’è anche il senso di libertà che dà l’uso del fuoco invece della corrente elettrica; essere svincolati dal posto, poter di volta in volta farci un brodino umano sulla spiaggia d’inverno, in una radura del bosco, su un prato, dove ci pare.
E in Inghilterra hanno pensato a questo servizio e offrono in affitto sia vasche da bagno che saune con riscaldamento a legna – forniscono anche quella.
E nonostante io non abbia mai in simpatia i messaggi edificanti, soprattutto se rivolti ai giovani, mi sento di promuovere il grande divertimento dello stare fuori a far casino con acqua e fuoco: we believe that every minute spent actively in the fresh air, away from tv-screens and computers, heightens our environmental sensitivity – especially that of young people.
Mi è capitata una cosa buffa questo mese con GARDENS ILLUSTRATED. L’ho sfogliato subito con curiosità, anche se ultimamente mi è sembrato peggiorato – ma i numeri invernali delle riviste sul giardino risentono sempre della stagione -, verso la fine ho trovato questa immagine (pag. 88):
(la riporto piccola perché non ho voglia di avere sotto gli occhi una lenzuolata che non mi piace appena apro il sito; se la volete vedere più in dettaglio, con un click agganciate immagini più chiare)
e ho pensato “che roba brutta!” e sono andata oltre, senza soffermarmi sulla didascalia. Qualche giorno dopo risfoglio, stessa scena “certo che anche in Inghilterra hanno i loro bei mostri”. C’è voluta una terza lettura perché facessi caso alla nota: planted at the campus of the Politecnico di Milano (!).
La mia speranza è che siano brutti solo i rendering e che la natura degli alberi si riprenda l’armonia di un intreccio meno artificioso. E dire che i rami condotti a cordone, a spalliera, a ventaglio, “addomesticati” in forme impostate a me piacciono molto!
La serie Re-Trouvé di Emu, Patricia Urquiola. Mi piacciono perché in giardino diventano quasi trasparenti e ingarbugliano la vista.
Se sapessi tagliare, cucire e avessi un minimo di nozioni di sartoria base, mi metterei a produrre grembiuli da giardinaggio belli, resistenti e funzionali. Quelli che si trovano – ed è anche difficile trovarli, a dire il vero – spesso sono tagliati male (quindi scomodi), di stoffa scadente o inadatta (quindi di breve durata), troppo lunghi/corti, con tasche inutili in posti assurdi, leziosi di sbuffi e volant, fighetti e assurdamente costosi, il più delle volte con linee e materiali mutuati dai grembiuli da cucina.
Guardate che belli quelli di Urban Aprons.
- 13. Il perimetro esterno dovrebbe essere progettato con la massima attenzione, come fosse una scultura, una pianta particolarmente significativa o qualche arredo di design. Nonostante sia limitato come spazio orizzontale, può avere una superficie verticale importante e contribuire in maniera fondamentale al disegno del giardino. Spesso è un elemento sottovalutato e risolto in modo sbrigativo, con una siepe uniforme, ma vale la pena considerarlo alla stregua di tutto lo spazio a nostra disposizione, per creare un equilibrio esterno/interno.
- 14. Schermarsi dall’esterno non significa solo creare un recinto lungo il perimetro, ma cercare di progettare anche all’interno dei punti più raccolti, ad esempio con un piccolo albero che protegge la zona relax o rende più intimo il luogo dove si mangia.
- 15. Se dalle finestre di casa vedo il giardino, le regole abituali di progettazione possono essere sovvertite per comporre degli scenari, simili a fotografie o ad allestimenti teatrali, da osservare dall’interno.
- 16. Evitate le piante che tendono a svilupparsi molto in larghezza, inevitabilmente e in poco tempo si prenderanno più spazio del dovuto. Sono da privilegiare cespugli eretti piuttosto che allargati – il suolo, in un piccolo giardino, è un bene prezioso! -, siate molto attenti alle dimensioni ultime delle piante. Se state scegliendo un albero, cercatene un esemplare maturo da vedere in natura per farvi un’idea quanto più esatta possibile delle dimensioni finali: trovarsi nella condizione di potare ripetutamente una pianta può essere frustrante per noi oltre che per “lei”.
- 17. I giardini scuri spesso sembrano più piccoli di quanto non siano in realtà. Le piante con variegature gialle o bianche danno un tocco di luce ad angoli altrimenti bui; l’edera variegata illumina il muro che la sostiene, sebbene possa risultare un po’ invasiva.
- 18. I rampicanti occupano una porzione di suolo molto limitata e riescono a rendere bello un muro che non lo è. Allo stesso scopo, offrire una impalcatura a spalliera alle piante adatte (vite, agrumi, meli, peri, etc.), riveste una superficie di colore, chioma e profondità verde, con un disegno ordinato e insieme allegro.
- 19. Le piante a fusto libero, con i rami impalcati verso l’alto, sono una buona scelta nei giardini di piccole dimensioni. La chioma protegge da sguardi indiscreti, mentre il tronco occupa poco spazio alla base; inoltre, se è previsto un impiantito, potrà essere posato vicino al tronco senza danni.
- 20. Sia che siano piante o materiali, limitate il numero di colori ad uno schema semplice: l’ordine e la coerenza contribuiranno a dare una sensazione di spazio armonioso e rilassante.
- 21. Riporre gli attrezzi è fondamentale anche nei piccoli giardini, il più delle volte però, un capanno risulta essere un pugno in un occhio. Le comodità di servizio vanno concepite e progettate con la massima attenzione o rischiano di compromettere del tutto la bellezza di un luogo.
- 22. Siate audaci e provate soluzioni coraggiose. Le piante ben strutturate, di solida impalcatura, con fogliame grande, risultano sorprendentemente adatte ai piccoli spazi, spesso meglio di piante più anonime, con foglie piccole, fitte e disordinate.
- 23. Troppi materiali diversi possono rendere caotico un piccolo spazio, ma troppo pochi lo rendono sciatto e privo di carattere. Di solito tre materiali – ad esempio pietra, legno e muratura dipinta – funzionano bene; un quarto – metallo – può essere usato per i dettagli e le rifiniture.
- 24. I piccoli prati all’ombra, soggetti ad un continuo calpestio, magari frequentati da cani e bambini, sono da dimenticare. Meglio cercare soluzioni alternative, ad esempio la ghiaia naturale tonda a pezzatura fine.
- 25. Non siate tentati dall’avvicinare troppo alla casa le zone pavimentate, di sosta, in cui sedersi a mangiare o a chiacchierare; se le allontanate verso il giardino, magari sotto ad un albero, creerete dei percorsi per raggiungerle e tutto lo spazio verrà sfruttato a pieno, aiutando l’integrazione fra casa e giardino – interno ed esterno.
- 26. La chiave per una buona progettazione di piccoli giardini è la scelta accurata di cosa eliminare. L’armonia fra spazi pieni e spazi vuoti è l’ingrediente principale di un disegno equilibrato; resistete alla tentazione di riempire ogni angolo. Nei piccoli giardini più che altrove il meno diventa più – less is more.
- 4. Non riempire il giardino di oggetti; pochi grandi elementi – ad esempio un vaso importante, un contenitore fiorito, qualche arredo originale – sono di maggiore impatto rispetto a una moltitudine di piccole cose che finiscono per disturbare la vista e creare disordine.
- 5. Le linee curve e i cerchi ingannano l’occhio e creano movimento in una statica pianta rettangolare.
- 6. Le variazioni di quota rendono più dinamico un giardino altrimenti piatto; anche un semplice gradino a scendere che introduce in un’area in cui sedersi la rende più intima e privata, mentre, al contrario, se la zona dove si mangia è rialzata, ci si sente troppo esposti e visibili.
- 7. Studiare con attenzione una struttura di sempreverdi topiati (bosso, tasso, etc.) è fondamentale nei piccoli spazi per dilatare il periodo di interesse del giardino e non limitarlo solo alla stagione di fioritura delle erbacee perenni. E’ in parte il discorso cui si accennava al punto 2., aver sempre ben presente il susseguirsi delle stagioni e i rispettivi comportamenti delle essenze che scegliamo, quali andremo a tagliare in autunno o in inverno, quali rimarranno fisse e abbastanza immutabili, quali lasceremo crescere libere, a quali daremo una forma geometrica, se gli arredi verranno spostati o rimarranno all’esterno, eventuali vasi da rimpiazzare.
- 8. Troppi arredi leggeri possono riempire un piccolo spazio; conviene, ad esempio, prendere in considerazione l’opportunità di sedersi su piccoli muretti di contenimento, piuttosto che avere sedie sparse.
- 9. I gradini possono servire da sedute occasionali.
- 10. La superficie dei muretti, se abbastanza alti e rifiniti, potrà servire come appoggio per piatti e bicchieri.
- 11. L’arredo dovrebbe essere versatile e multifunzionale, come accennato al punto 1., le sedie essere abbastanza alte per mangiare al tavolo e abbastanza comode per stare seduti a lungo.
- 12. Se un giardino è esposto a sguardi esterni, raramente la soluzione sarà imprigionarsi dietro alti muri e recinzioni che escludono completamente dal contesto e rimpiccioliscono ulteriormente lo spazio, spesso creando un effetto gabbia. Il metodo migliore è creare un senso di intimità con una leggera velatura di tende, un grigliato di rampicanti o un unico albero la cui chioma schermi un particolare angolo visuale che ci infastidisce.
to be continued…
Su Gardens Illustrated di questo mese si parla di piccoli giardini e, oltre ad illustrarne qualcuno, Andy Sturgeon – vincitore del “Best in Show” al Chelsea Flower Show di quest’anno – dà alcuni consigli pratici e alcune idee che secondo lui possono far funzionare meglio uno spazio di piccole dimensioni. Penso sia utile riportarle poiché la più parte dei nostri giardini è una piccola parcella di terreno davanti casa e spesso ci si adagia nella riproposizione degli stessi stanchi schemi che magari non soddisfano più nessuno, ma che ci seguono con la forza dell’ineluttabile.
Riporto qui, in parte traducendo, in parte integrando con farina del mio sacco, i punti salienti della disamina.
- 1. Ogni cosa, in un piccolo giardino, dovrebbe avere più funzioni: una panca diventare un contenitore, il tetto di un capanno può essere ricoperto di sedum fioriti e i muretti diventare comode sedute; insomma, tutto all’occorrenza può cambiare ruolo, scopo e compito in base a quello che ci serve o che desideriamo.
- 2. Ciascuna pianta dovrebbe avere molteplici punti di interesse: non solo fiori, ma bacche, colori autunnali, toni di verde, tessitura e corteccia interessanti. E’ un punto da tenere a mente in modo particolare perché spesso la pianta è identificata solo e unicamente dal fiore e dalla stagione di, appunto, fioritura, ma una pianta esiste sempre e ci accompagna ben oltre il semplice dispiegarsi della corolla. Conosciamo davvero le nostre piante in tutte le loro forme di vita e riposo?
- 3. Le zone in cui si sta seduti dovrebbero essere flessibili. Una panca fissa insieme a poche, comode sedie libere e un tavolo è la combinazione più versatile.
to be continued…
Una piccola foto che la mia amica Silvia ha fatto con il cellulare circa tre settimane fa alla parte di vivaio che stiamo sistemando in questi mesi.
Nella foto:
i pennacchi colti in vivaio della graminacea Miscanthus sinensis, il fiore secco della perenne Carlina acaulis che mi fu regalata a Masino lo scorso ottobre, le capsule di Sterculia diversifolia dell’Orto Botanico di Cagliari e il peperoncino rosso dell’Esselunga, Capsicum annuus.
Chiedo scusa per la qualità scarsa delle mie foto, ma non riesco a fare di meglio.
Siamo soliti considerare ciò che ci sta attorno come qualcosa di eterno, o almeno pari alla nostra durata, inamovibile, grazie all’inerzia propria delle cose e facente parte, con l’andare del tempo, oltre che del paesaggio fuori di noi, anche del nostro mondo interiore. Eppure le cose cambiano, a dispetto della nostra scarsa partecipazione. Il paesaggio agricolo, in particolare, forse per il fatto di circondarci e quasi assorbirci, sembra sempre lì, in piano o in collina, docile al nostro sguardo. Ma tutti abbiamo i ricordi dei nostri nonni, vecchi di un secolo, oppure più recenti, dei genitori, o i nostri stessi ricordi; e sono racconti stupefacenti di un passato tutto sommato vicino, ma animato da elementi diversissimi, sconosciuti, da non credere.
Per carattere sono poco incline alla nostalgia, mi interessa sempre di più quel che sarà, e come un allampanato detective scruto gli indizi del futuro presente; alla fine, investigare le avvisaglie e fare ipotesi bislacche è molto più divertente. Anzi, direi che conoscere il passato è utile soprattutto per impostare un’indagine fruttuosa sul futuro – e agire – altrimenti è accademia. Insomma: più segugi e meno seduti!
Per tornare al paesaggio, stamane ho trovato questa immagine
e le considerazioni ad essa legate “Cartelloni pubblicitari come segnali deboli della crisi”.
Perché alla fine il paesaggio non è solo le cose belle che decido di vedere, che il mio sguardo seleziona dopo un accurato lavoro di epurazione, ma è soprattutto ciò che davvero c’è.
E se al posto di tutti quei cartelli in disarmo piantassero dei begli alberi, un pioppo cipressino (Populus nigra var. italica) qui, un olmo (Ulmus minor) là , in fondo un bel carpino (Carpinus betulus)? In una sorta di cortocircuito, al posto del nostalgico “una volta qui era tutta campagna”, diremmo ai nostri figli “una volta qui era tutta pubblicità”.
Oppure, come dice l’autore della foto:
Se l’agenzia fosse veramente creativa, proporrebbe questi scheletri vuoti agli enti del turismo come guerriglia “Oggi pubblicizziamo il vostro territorio, che forse non conoscete, o non vi siete mai fermati a osservare”.
Si tratta della poltrona per esterni Veryround disegnata da Louise Campbell per Zanotta. Qui trovate delle notizie in lingua inglese – di cui ho fatto una piccola traduzione casalinga:
(…) Il progetto si basa sul piacere della ripetizione. Un solo cerchio non è particolarmente interessante, ma duecentoquaranta cerchi scrupolosamente organizzati fino a formare un’intera poltrona, lo sono. Anche se la poltrona intera sembra essere estremamente complessa, non lo è. Consiste semplicemente di due strati identici che differiscono solo di scala. Lo strato esterno, tutto compreso, è più ampio del 20% rispetto all’interno.
Gli strati si fondono ai lati. Questo crea sia volume che forza. La poltrona, anche se ingombrante e solida, sembra leggera come carta. Le ombre che ricadono sia su di essa che dietro sono – alla vista – importanti quanto la sedia stessa. Niente interrompe il disegno formato dalle ombre.
Niente gambe, giunture, nessuna delle caratteristiche che normalmente si associano ad una sedia. Nessun davanti e dietro. Sostanzialmente si tratta solo di una grossa cavità aperta in cui ciascuno è benvenuto a sedere e dondolarsi.
E’ in lamiera d’acciaio spessa 2mm tagliata con il laser tridimensionale e smaltata di bianco per esterni.
Io la trovo bella come un merletto e perfetta come una ragnatela brinata – o come il fogliame del Chrisanthemun cinerariifolium.
Questa sedia si chiama CHAIR ONE ed è stata disegnata da Konstantin Grcic nel 2003, prodotta da Magis. Perchà© è bello pensare ad un giardino popolato non solo da piante, ma anche da oggetti del nostro tempo.