Archive for the 'letture' Category

Informatore Coop

Se siete soci Coop magari l’avete già ricevuto alle casse, se non lo siete potete leggerlo liberamente sul loro sito, sta di fatto che a pagina 42 ci sono alcune delle mie margherite!
Tenete presente che le foto sono state scattate durante Murabilia dello scorso anno (per la precisione il 3 settembre 2017) e che adesso è il 3 febbraio e quelle stesse piante sono in riposo vegetativo: si risveglieranno questa primavera.

Ringrazio Càrola Ciotti per il taglio che ha dato all’articolo che è divulgativo, ma non banale – un buon compromesso tra pedanteria botanica e semplicità del quotidiano. Spero sia utile e vi piaccia!

nomi che cambiano

Ripetendo il mantra:

Scientific accuracy is important, but sometimes compromises have to be made.

(L’accuratezza scientifica è importante, ma talvolta qualche compromesso è necessario.)

appuntiamoci alcuni nomi scientifici di piante che sono/stanno cambiati/cambiando, cambieranno – questo pasticcio perché alcuni sono in mutazione già da tempo, ma incontrano qualche resistenza a essere memorizzati.

Vi rimando alla pagina di Guy L. Nesom in cui si fa una disamina dei cambiamenti nella famiglia delle Asteraceae/Compositae. Enjoy!

The Plant Magazine

Mi è arrivato il numero 10 della rivista The Plant Magazine (che prima si chiamava The Plant Journal).
Qui trovate alcune cose; naturalmente per leggerlo occorre acquistarlo.

The Plant Magazine

The Plant Magazine #10

Mi sembra inutile specificarlo – è abbastanza evidente – ma le cose di cui parlo qui non hanno un intento pubblicitario. Non ho una posizione in merito al marketing via web, a volte mi piace e a volte no. A volte è deprimente, altre volte intelligente e simpatico, penso che siamo ancora in una fase embrionale e sono convinta che prenderà direzioni inaspettate: mi incuriosisce.
Nella fattispecie, mi servirebbero delle cesoie ;)

Autumn Planting

Un articolo molto interessante su Dig Delve che illustra le piantumazioni autunnali del giardino. Non solo piante, ma anche note utilissime riguardo proporzioni, scorci e visione architettonica complessiva.

wild at heart

Ci sono questa canzone di Niccolò Fabi e questo articolo di Christian Raimo – se state vivendo un momento di tristezza, achtung!, magari non ascoltatela/leggetelo in sequenza ma fate passare qualche ora frivola tra una e l’altro – bellissimi.

E c’è questo libro

il cui sottotitolo DESIGNING PLANT COMMUNITIES FOR RESILIENT LANDSCAPES è rincuorante e apre nuovi modi di costruire un futuro umano appagante e inclusivo, incurante della rapacità di alcuni. Lo sto leggendo e mi sta insegnando tante cose che presto cercherò di fare vostre.

E poi c’è anche quest’altro libro

che voglio comprare al più presto.

Basteranno le giornate di pioggia?

PS: grazie a chi legge il sito e a chi compra le mie piantine! (L’imbarazzante verità è che vi voglio bene.)

erba volant e post wild world

Me li appunto qui così mi ricordo di comprarli:


sabato pomeriggio Renato Bruni era a VerdeMura, ma non sono riuscita a vedere la presentazione, mannaggia!


visto su Federal Twist, gente di cui mi fido.

The Plant #8

– Prima di tutto c’è un articolo ben fatto e illustrato sui giardini che i rifugiati siriani allestiscono nei centri di accoglienza in Giordania.

Un’intervista a Gilles Clément a proposito del giardino che ha creato a Melle, un piccolo paese a ovest della Francia, fra Nantes e Bordeaux: il Giardino d’Acqua e Ortica. Mi piace perché su The Plant le interviste sono lunghe e approfondite e spesso vertono sugli ultimi lavori o addirittura quello che verrà fatto nel prossimo futuro, non si limitano a ripercorrere la carriera di un paesaggista, ma lo incalzano sul presente.
Sul progetto e su G. Clément ho opinioni contrastanti e rimango irrisolta, però questo giardino lo vorrei vedere.

– Un articolo su un designer che non mi piace. Ma al momento ho grossi problemi ad accettare qualsiasi oggetto che abbia la pretesa di non deperire a breve – tutta roba che ci rimane tra i piedi per troppo, troppo tempo.

– Un approfondimento sul lavoro di Camilla Goddard, apicoltrice urbana a Londra.

– Un articolo davvero molto interessante sulla cura degli alberi nei giardini tradizionali del Giappone e la spiegazione dello stretto legame fra natura e cultura nel dispiegamento della bellezza di un giardino.

– Una visita a Chernobyl.

Georgia O’Keeffe.

– Un approfondimento sulla coltivazione del Ficus lyrata.

E molte altre cose, immagini, disegni – un po’ di materiale lo trovate qui.

The Plant Journal

Guardate un po’ cosa mi è arrivato:

"The Plant Journal"

THE PLANT #8

quando ormai avevo perso ogni speranza, ecco un bel pacchetto che mi aspetta alla buca delle lettere. Sono 160 pagine (le due di pubblicità sono solo in copertina, dentro è tutta ciccia) a un primo sguardo molto dense. Leggo e vi racconto presto.

PS: l’etichetta che vedete sotto al titolo della rivista è un mio discutibile intervento, non fa parte della grafica.

Approfitto di queste righe per augurare a tutti quelli che capitano qui un anno di novità e incontri fortunati!

Catalogo della Vita

Ogni tanto facendo lo slalom in rete si incontrano siti interessanti, e io mi sento proprio grata che esista internet e desiderosa di condividere. Soprattutto penso sia un mezzo potentissimo per parlare e trovare notizie su argomenti che coinvolgono meno persone rispetto alla pastasciutta – ciò detto, a me la pastasciutta piace molto. E poi chissà, magari un giorno andremo di moda anche noi impallinati con le piante e ci saranno siti con milioni di visite e agli orti botanici si entrerà solo con prenotazione di mesi e mesi prima; sarebbe bello e io voglio crederci.

Ci penso da un po’ e ancora di più mi è balzato agli occhi durante la serata A.Di.P.A.: perché non ci impegnamo tutti a fare proselitismo verde? Alla fine ci si trova sempre a parlare tra simili: io certo non dovevo convincere nessuno ad amare e conoscere le piante, i soci A.Di.P.A. sono bravissimi e ne sanno più di me. Per carità, è bello condividere, ma adesso abbiamo bisogno di crescere di numero. Semplicemente perché il posto dove viviamo sia accogliente, pulito, amato e curato, e più le persone conoscono la natura, più saranno rispettose e attente, anche capaci di opporsi con forza ad alcune pratiche considerate di prassi e mai messe in discussione (penso alle capitozzature, all’uso dei pesticidi un tanto al chilo, etc… ). Dovrebbe nascere la campagna “Porta con te un amico che non ne sa niente”: ad una mostra mercato, all’orto botanico, a rinvasare le orchidee, a dividere i mughetti, a seminare le zinnie, a cogliere i pomodori, quello che state facendo al momento. Amici, andiamo e moltiplicatevi!

Nella fattispecie, stavamo parlando di internet e siti interessanti. C’è il Catalogue of Life, un database online che raccoglie, con grande accuratezza scientifica, un’infinità di specie animali, vegetali e non solo. Voi inserite il nome (anche comune) nella stringa di ricerca e vi saltano fuori parecchie caratteristiche – ad esempio il luogo d’origine, che è sempre molto utile ai fini della coltivazione.
Oppure c’è la Lista rossa delle specie in pericolo di estinzione grazie alla quale conosciamo piante e animali che hanno difficoltà a sopravvivere nel proprio habitat – avreste mai detto che l’Armeria pseudarmeria fosse endangered?

Cabin Porn

Cabin Porn Book Trailer from Cabin Porn on Vimeo.

Capanni nella natura più o meno selvaggia.

Gardenia #372

Con Gardenia di questo mese è possibile acquistare, con un sovrapprezzo di 5,90 euro, il primo volume di “L’Enciclopedia del Giardiniere”, quarta edizione dell’Encyclopedia of Gardening redatta da Christopher Brickell e altri prestigiosi – prestigio guadagnato sul campo – collaboratori.
Devo dire la verità, ero in dubbio se comprarlo: ho tanti libri di giardinaggio e mi piace usarli, non lasciarli a fare mostra di sé sugli scaffali. Mi chiedevo se davvero rappresentasse qualcosa in più delle enciclopedie che già utilizzo, alla fine ho pensato che potessero essere nominate le cultivar più recenti e l’ho preso. Bene, sono soddisfatta.
All’inizio c’è un sommario che illustra l’opera intera, ve lo riporto qui, così potete vedere come sono suddivisi gli argomenti e magari trovare proprio quel che cercate.

VOLUME 1
Parte prima: creare il giardino
– progettazione e disegno
– descrizione dettagliata (guida alla scelta in base alle esigenze, stagionalità, preparazione del terreno, cure colturali, potature e allevamento, propagazione) divisa in macrocategorie: alberi, arbusti, rampicanti, rose, perenni, annuali, biennali e bulbose.

VOLUME 2
– giardini rocciosi, di ghiaia e di pietrisco
– giardini acquatici
– giardinaggio in vaso
– cactus e succulente
– giardinaggio da interni
– il tappeto erboso
– piante aromatiche
– piante da frutto.

VOLUME 3
– coltivare gli ortaggi
Parte seconda: manutenzione del giardino
– gli attrezzi
– serre e cassoni vetrati
– strutture e superfici
– clima e giardini
– terreni e fertilizzanti
– principi di propagazione
– malattie delle piante
– cenni di botanica.

Mi piace infine riportare le parole di Elizabeth Banks, presidente della RHS fino al 2013:

Questa edizione riveduta e corretta comprende aggiornamenti su molti temi: da come richiamare in giardino gli insetti impollinatori a come realizzare tetti e pareti verdi. Nuove sezioni su come coltivare frutta e verdura in contenitori indicano i modi migliori per crescere gli ortaggi da mangiare a casa anche in spazi minimi. Vi sono poi informazioni sul clima e sulla rusticità delle piante e altre notizie utili. A me piace soprattutto il capitolo Malattie delle piante, aggiornato da esperti del giardino di Wisley, nel Surrey, che ora contiene una preziosa guida visiva per diagnosticare più facilmente qualsiasi malattia.

E.B. mette in rilievo in poche righe le tematiche che riguardano il giardinaggio contemporaneo, soprattutto la necessità (ma vorrei dire anche la gioia) di lavorare in sinergia con le forze naturali e il piacere di coltivare anche in piccoli spazi, più o meno urbani.

… e naturalmente non potete farvi sfuggire i consigli per la semina delle verbene a pag. 152 della rivista!

evoluzione delle piante #2

Continua da ieri:

Pure le antenate delle solanacee erano tossiche, per difendersi da funghi e insetti, ma grazie alla modificazione genetica inconsapevole oggi mangiamo melanzane (dall’Africa), patate (dalle Ande, dove ancora resistono 5 mila varietà differenti), pomodori e peperoncino (dall’America centrale e meridionale).
In questa storia di geni prima della genetica, per prima venne la Mezzaluna Fertile: la regione dei monti Karakadag in Turchia ospita ancora quello che la biologia molecolare ha mostrato essere l’antenato comune di tutte le varietà di frumento oggi coltivate. Tuttavia la domesticazione delle piante avvenne in più luoghi della Terra indipendentemente, forse persino sei o sette volte in un periodo compreso tra 11 mila e 7 mila anni fa, interessando di regione in regione le diverse specie localmente disponibili. Da questi nuclei originari si diffuse poi in due modi: con l’apprendimento delle tecniche e il trasferimento culturale, oppure con l’espansione demografica dei coloni agricoltori. Le piante coltivate fecero grandi viaggi planetari, soprattutto grano, mais, riso, legumi e piante da frutta (la prima fu il fico), ma anche cacao e caffè. Le grandi ricette della cucina italiana sono a base di piante provenienti da tutto il mondo.

°*°*°

Grazie alle piante coltivate il mondo non fu più lo stesso: la crescita della popolazione innescò colonizzazioni, meticciati e conflitti. L’accumulo di risorse permise la nascita di ceti non produttivi: i politici e i burocrati, i soldati, i sacerdoti, gli artigiani, gli scribi e gli intellettuali. La maggiore disponibilità di cibo produsse un aumento della densità di popolazione, che a sua volta incrementò la domanda di coltivazioni. Eppure noi oggi pensiamo che l’agricoltura sia il dominio del “naturale” per eccellenza. In realtà fu il momento in cui per la prima volta l’Homo sapiens riuscì a far produrre agli ecosistemi ciò che naturalmente non avrebbero mai generato. Fu a tutti gli effetti una forzatura del gioco evolutivo. Un vigneto in Toscana o i terrazzamenti delle risaie in Laos oggi ci sembrano l’emblema di paesaggi integri e naturali, ma sono il frutto di migliaia di anni di interventi umani. Nell’evoluzione umana il confine fra naturale e artificiale ha cominciato a sgretolarsi migliaia di anni fa e oggi è impossibile da tracciare.
Se adottiamo uno sguardo evoluzionistico, scopriamo qualcosa di ancora più sorprendente. Noi non coltiviamo le querce e non mangiamo le ghiande (sono amarissime). Solo poche migliaia di specie vegetali sono commestibili, e poche centinaia sono state addomesticate. Affinché convenga investire tempo ed energie per coltivarla, una pianta deve essere ricca di sostanze nutritive, produrre raccolti abbondanti e accessibili, avere una crescita veloce. L’accoppiata di cereali e legumi, per esempio, è un’ottima fonte di energia a base di carboidrati e proteine. Il sapore non deve essere eccessivamente amaro, né il frutto o il seme eccessivamente duri. Possedere o meno queste caratteristiche mise in competizione involontaria le specie vegetali fra loro nell’essere più o meno appetibili per i primi agricoltori. In pratica, alcune piante ci hanno “usati” come veicolo di diffusione e hanno avuto un successo globale. Non solo, le piante si sono coevolute con noi e hanno cambiato la nostra fisiologia, attraverso l’alimentazione, la medicina, la cosmesi, le sostanze psicotrope, le spezie, i tessuti, gli innumerevoli materiali di origine vegetale (dal legno alla carta alla gomma). Insomma, noi pensiamo di averle addomesticate, ma forse sono loro ad avere addomesticato noi.

evoluzione delle piante #1

Ho pensato che trascrivendo qui l’articolo per intero forse diventiamo tutti più colti, intelligenti e preparati – ho detto forse.

Mais, mandorle, mele. Così la mano dell’uomo ha pilotato la natura
di TELMO PIEVANI

Tutto cominciò quando i ghiacci iniziarono a ritirarsi. Intorno a 11 mila anni fa i rigori glaciali allentarono la presa e le popolazioni umane impararono a coltivare alcune delle piante di cui già si cibavano allo stato selvatico. Non che prima non fosse successo nulla: gli archeologi hanno scoperto macine e pestelli, con i quali venivano preparate farine di tifa (una pianta palustre comune) per fare proto-gallette, in siti di Homo sapiens risalenti a 30 mila anni fa. Quindi nella notte dei tempi molti tentativi di stoccaggio, di semina e di lavorazione delle piante potrebbero aver preceduto la rivoluzione agricola.
Già i Neanderthal masticavano camomilla e sceglievano le piante giuste per disinfettare la bocca e lenire i dolori, ma solo i nostri simili capirono come selezionare le piante per i loro scopi, modificandole attraverso incroci mirati. Si chiama “selezione artificiale” e può trasformare radicalmente la morfologia e il genoma di una pianta: si scelgono a ogni generazione gli esemplari con le caratteristiche più favorevoli (frutti più dolci e carnosi, semi più facili da raccogliere) e li si fa riprodurre a scapito degli altri. La storia del mais, uno dei cereali più coltivati al mondo, mostra come i primi agricoltori fossero ottimi agronomi, e inconsapevolmente anche genetisti. In Messico, circa 8.700 anni fa, venne selezionata una varietà di teosinte, pianta selvatica cespugliosa che cresce nella Sierra Madre, con una particolare mutazione che riduce il numero delle sue ramificazioni. In questo modo le “pannocchie” (in realtà spighe, le infiorescenze femminili del mais) essendo meno numerose, sono diventate di dimensioni enormi (da un centimetro a quarantacinque). Teosinte e mais oggi sono due piante diversissime, ma il primo è il diretto antenato del secondo. Anche il popcorn ha radici antiche: già 6.700 anni fa gli abitanti della costa settentrionale del Perù mangiavano il cereale gonfiato come spuntino.

*°*°*

Risultato: compaiono stranezze genetiche come mele domestiche (il cui progenitore vive nei monti del Kazakistan e Cina) con un diametro triplo rispetto alle selvatiche, piselli dieci volte più grossi, banane e clementine senza semi. Le mandorle sono geneticamente modificate da migliaia di anni. Quelle selvatiche di origine asiatica infatti sono letali. Contengono amigdalina, una sostanza che, oltre a conferire un sapore amarissimo, durante i processi digestivi si scinde a produrre cianuro: una manciata di mandorle “originali” basta per uccidere un uomo. Una mutazione genetica può però inibire nel mandorlo la produzione di amigdalina. Generalmente questi individui mutanti non si diffondono nella popolazione perché i loro semi vengono mangiati dagli uccelli. Un agricoltore attento deve essersi accorto della piacevole caratteristica di questi esemplari, magari osservando proprio il comportamento degli uccelli, e ne ha fatto incetta favorendone la diffusione, prima inconsapevolmente e poi seminandoli direttamente.

to be continued

domesticazione delle piante

Sulla Lettura – inserto domenicale del Corriere – di oggi c’è un articolo interessante (ho controllato e al momento non compare online) di Telmo Pievani sulla “coevoluzione”.
Appunto qui la bibliografia essenziale sull’argomento che correda l’articolo, appena ho tempo ne parlo più diffusamente.

Jared Diamond ricostruisce i processi di domesticazione delle piante in Armi, acciaio e malattie (Einaudi, 1997). Sui percorsi delle piante dopo la scoperta dell’America: Alfred W. Crosby, Lo scambio colombiano (Einaudi, 1992). Su una pianta particolare: Mark Pendergrast, Storia del caffè (Odoya, 2010). Alla coevoluzione fra le piante e l’uomo è dedicato il “Giardino della biodiversità”, il nuovo science center dell’Orto botanico di Padova.

THE PLANT 7

Come vi avevo anticipato, due parole sul nuovo numero di THE PLANT (purtroppo il sito non è stato aggiornato di recente e riporta ancora la vecchia copertina).

Sul web c’è un’intervista interessante a Cristina Merino, l’editor in chief, che spiega un po’ le ragioni della pubblicazione, sostanzialmente soddisfare la curiosità sulle piante che scaturisce in maniera naturale quando le guardiamo davvero. E non occorre avere un giardino, un rastrello, leggere un manuale di orticoltura, l’orto sinergico, il cappello di paglia, basta accorgersi di una pianta e iniziare a farsi delle domande. Così entriamo leggeri e curiosi in una specie di mistero che ha poco a che fare sia con la versione svenevole che con quella agiata del giardinaggio mainstream, ma molto più interessante e vivace, più creativa e in divenire. O forse, in una parola, è un approccio giovane alle piante, che non vuole dimostrare altro che una genuina apertura verso la natura, niente status symbol, niente sfoggio di nomi o abilità particolari. È come se la lezione fosse stata assorbita nel profondo: con le piante siamo noi a dover cedere qualcosa, a dover osservare e capire, a dover aspettare o cambiare piani e progetti; l’educazione dell’uomo alla natura è preziosa, è una sottomissione dolce a qualcosa che riconosciamo grande almeno quanto noi.

Ricordo di aver letto in Scritto di notte di Ettore Sottsass della rivista ideata da Allen Ginsberg e autoprodotta con E.S. e Fernanda Pivano e altri amici artisti, “Pianeta Fresco” (che titolo imbattibile!) – se fate una ricerca approfondita su internet ne trovate alcuni pezzi e numerose illustrazioni. È poco più di una fanzine, uscita in soli due numeri fra il 1967 e il ’68, molto datata e legata al mondo beatnik, ma che, almeno nello spirito e nella libertà di invenzione, anticipa le iniziative editoriali indipendenti di oggi.
È un po’ questa la ricerca che fanno a THE PLANT, il tentativo di alleggerire il linguaggio, di portare novità nelle immagini, di far affiorare le energie nuove che ci muovono, l’esigenza del “pianeta fresco”, meno corrotto e inquinato.

Faced with the need of being constantly updated and in the latest trend, people look for quieter, less artificial lifestyles, not only in the domestic and quotidian but also in the field of creativity. Given that they work with a special sensitivity and seek new meanings in their surrounding environments all the time, artists and creative people are promoters of this movement.

Cristina Merino lo dice qui.

THE PLANT – Issue 7 – Asparagus Fern

A curious observer of ordinary plants and other greenery
Ugly on the inside

È arrivato stamani fresco fresco il numero 7 della rivista THE PLANT; per ora l’ho solo sfogliata e m’è sembrata bellissima – e le riviste di carta, checché se ne dica, quando sono ben fatte si vede e si vendono! Appena ne ho letta un po’ ve la racconto.

la cura dei piccoli spazi

Si diceva ieri del giardino della Sutton House a Londra; trovate notizie complete qui, in quest’altra pagina pdf ci sono informazioni puntuali sul progetto: la comunità che l’ha portato avanti, il coinvolgimento dei locali, il progetto ufficiale sottoposto al giudizio e alla fine interamente finanziato dal fondo per i Pocket Parks istituito dal sindaco di Londra.
Il Pocket Parks Programme fa parte di un impegno di più ampio respiro preso a partire dal 2009 da Boris Johnson: il London’s Great Outdoors (pdf), un programma di miglioramento delle strade, delle piazze, dei parchi, dei canali e delle banchine della città – sono solo sedici agili pagine e si leggono con piacere, viene spiegato perché e come un progetto di riqualificazione di questo tipo è considerato strategico su più fronti, dalla sicurezza, al piacere di vivere il proprio quartiere, alla salute pubblica.
Al momento ci sono cento pocket parks, e da questa cartina si può vedere dove sono e qual è lo stato di avanzamento dei lavori.

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L’ultima meta alternativa è il Ditchling Museum of Art + Craft nell’East Sussex, vicino a Brighton, un piccolo museo (un pocket museum?) di arte e artigianato restaurato e ampliato l’anno scorso.

how to make your life with the natural world around you (dal video introduttivo)

The Living Landscape

Se non sapete cosa regalarmi a Natale:

È un libro di Rick Darke (che conosco e apprezzo per un libro sulle graminacee che spesso consulto) e Doug Tallamy, di cui non ho mai letto niente, ma che mi incuriosisce. Su Amazon potete avere un’idea dei contenuti, dando un’occhiata mi sembra interessante e poi è nuovissimo: luglio 2014.

Nota: potete farmi regali anche se non ci conosciamo di persona, non mi crea nessun imbarazzo. Grazie :)

nomi che cambiano

Ripetendo forte dentro di noi il mantra:

scientific accuracy is important, but sometimes compromises have to be made

vi invito a leggere sulla rivista della Royal Horticultural Society di luglio l’articolo Why do plant names change, con un approfondimento su Aster/Symphyotrichum.
Amici, ce la possiamo fare, forse.

GARDENISTA

Un sito che ultimamente visito spesso e che talvolta mostra ottime soluzioni per il giardino, anche solo un’atmosfera a cui ispirarsi, è GARDENISTA. Ci sono tante belle foto che illustrano in maniera chiara vari argomenti riguardanti il vivere fuori e – così mi pare perché forse è una mia mania – mostrano i luoghi intermedi dentro/fuori, con soluzioni a tratti portentose che possiamo aggiustare in base alla realtà delle nostre case e dei nostri giardini (piccoli o grandi che siano). Naturalmente si tratta di un sito in cui vengono proposti oggetti da comprare, con i limiti che ciò impone: in sostanza prezzi altissimi per cose anche banali, ma regala a piene mani idee e soluzioni ingegnose, tutto con quel gusto contemporaneo per la bella immagine.
In particolare se andate sulla photo gallery, potete inserire diversi criteri di ricerca – materiali, paesi, stili, colori, etc – e trovare proprio quel particolare carattere che desiderate dare al giardino. Oppure nella stringa di ricerca generica potete mettere il nome di una pianta e trovate gli articoli in cui viene menzionata; ho dato un’occhiata e le indicazioni sono abbastanza precise.

C’è da perdersi, ma almeno abbiamo la scusa di farlo per la nostra crescita estetico-botanica, e poi lo sanno tutti che il naufragar, eccetera.