Manca poco a Natale e dappertutto si trovano consigli sui regali più indicati da fare alle persone che si occupano del proprio giardino. Guanti, grembiuli, cesoie, cappelli impermeabili, annaffiatoi, stivali di gomma, casette per gli uccelli sono gli oggetti proposti più spesso, ci sono di tutti i prezzi, più o meno impegnativi. Poi arrivano gli oggetti per la casa che hanno un rimando al giardino, magari un fiore disegnato, oppure richiamano semplicemente uno stile di vita rilassato e con tanto tempo libero da trascorrere a fare ciò che rasserena: bere un tè, assaporare un dolce, raccogliere frutti di bosco in un cestino. Va tutto bene, però secondo me si dimentica sempre il regalo più gradito, la cosa che in assoluto le persone con un giardino apprezzano più di tutte le forbici da poto e i rastrelli e le lampade con gli uccellini. È un regalo immateriale dal valore inestimabile: qualche ora di lavoro qualificato. Nel momento in cui arrivano le giornate calde di primavera, quando l’erba cresce a ritmo sostenuto, tornare a casa e trovare il prato ben tosato, con tutte le piccole rifiniture curate a forbici; oppure la potatura giusta per quell’albero che ricade sulla strada; un’energica passata di decespugliatore sul poggio scosceso; la siepe ridimensionata a mano libera, non con la lama elettrica che smezza le foglie e spezza i rametti; quell’enorme limone che iniziava a dare segni di sofferenza nel vaso, rinvasato di fresco e rincalzato di stallatico in una nuova conca. Devo continuare? Chi lavora davvero nel proprio giardino sa di cosa parlo; regalate qualche ora di libertà e bellezza senza fatica e ci farete felici.
Monthly Archive for December, 2013
Prima di tutto ci sono solo tre pagine di pubblicità su centoquarantatré; lo dico per quelli che si scandalizzano per la quantità di pubblicità che contengono le riviste – a me quella esplicita non dà fastidio, mi dice chiaramente: sono una rivista e ho bisogno di pubblicità per campare. Discorso completamente diverso sono quelle camuffate (le marchette), che acchiappano la nostra buona fede e la maltrattano, mandandoci in confusione; ma siamo tutti adulti nell’anno 2013 e farci fessi non è così facile. (Che poi è paradossale: quante meno pubblicità troviamo, tanto più le ricorderemo. Quando siamo di fronte a un muro di rimandi è difficile che qualcosa faccia presa, rimane una sensazione di rumore di fondo più sgradevole che efficace.)
Un’altra cosa piccola e piacevole è la carta: bianca e opaca, tipo libro; si può sottolineare, non luccica troppo ed è discretamente spessa al tatto.
Riguardo al contenuto, dico che ci sono almeno un paio di articoli che rimangono. La lunga intervista ad Alys Fowler, con foto originali. Le risposte di Alys sono quanto di più contemporaneo si possa leggere a proposito della pratica in giardino e dell’idea generale che abbiamo di esso – il dominio che siamo abituati ad avere con le cose che ci circondano fallisce miseramente nel confronto con il verde, che per sua stessa natura impone un altro passo tutto da imparare.
Gardening works on a different scale. I look out and there are things I don’t like about the garden this year. I have to wait a whole year before I can change that. So being on a totally different cycle to society is quite nice. It doesn’t matter how much I want a tomato right now – I can’t have one! […] once you learn how to garden, you see that control is actually quite useless. It doesn’t work. The garden will do its own thing.
Se state attenti alle parole vi accorgete che non è il solito linguaggio, ma ha il sapore croccante della presa diretta dal suo orto. Fowler è molto qui e oggi, tanto quanto Clément può suonare a volte accademico. Ci insegna addirittura a misurare il ph del terreno con il cavolo rosso! semplicemente si affetta il cavolo, si fa bollire in poca acqua, si filtra il succo così ottenuto e poi lo si fa reagire con diversi tipi di terreno: se è acido il liquido diventa rosso, viola se è neutro e giallognolo se è alcalino.
C’è poi un articolo sui parchi progettati da Isamu Noguchi che sinceramente non ho capito. Se conoscete un po’ sua biografia e le sue opere forse la difficoltà ad avvicinarsi a lui risulta più chiara, è un artista complesso e se non si va a fondo il rischio è di rimbalzare sulla superficie e alla fine non dire niente. È quello che mi pare succeda spesso parlando di Giappone, ne subiamo il fascino ma non andiamo oltre, mentre la differenza culturale ci fa spettatori un po’ vuoti. Dan Pearson in Spirit dice che bisogna andare outside the comfort of your own culture, e forse è vero.
Una frase che mi ha fatto ridere:
To learn to witness nature as it happens without always wanting to influence it, hinder it, orchestrate it, craft an experience out of it, blog it – or for Christ sake – Instagram it.
Sarah Ryhanen di Worlds End Farm la dice alla fine dell’articolo sulla fattoria nella quale coltiva i fiori per il suo negozio. La più aperta e comica delle contraddizioni per una che di mestiere, appunto, orchestra, ammaestra, blogga e instagramma fiori e lo fa bene. (Se andate alla pagina della scuola in cui Sarah Ryhanen e Nicolette Owen insegnano l’arte di sistemare i fiori, nel blog il 23 settembre c’è una gallery dei lavori degli studenti che lascia proprio senza fiato, composizioni di una freschezza e un’inventiva notevoli – forse che gli studenti, liberi dall’idea di soddisfare qualcuno, riescano a produrre meglio delle maestre?)
E alla fine, Borgen Island in Svezia, solo foto. E per fortuna non se ne trovano su internet – sospetto perché difficili da infiocchettare: pura, meravigliosa roccia liscia che affiora su orizzonte piatto.
Da ultimo, la foresta di Fukushima, anche qui solo foto e una sola bella didascalia.
Mi ritengo soddisfatta dell’acquisto, avevo il terrore si trattasse di una di quelle riviste fighette tutto fumo e niente arrosto, invece per ora c’è sostanza.