Tra gli incontri di PROVE TECNICHE DI COMUNITA’ URBANA DEL BUON VIVERE ce n’è stato uno, a mio avviso, particolarmente interessante e ricco di possibili sviluppi.
Riporto dal sito:
Il Parco Arte Vivente è un nuovo centro sperimentale per l’arte contemporanea nato a Torino nel novembre del 2008. Il panorama dell’arte contemporanea in questa città è ormai ampio. Perché aprire un nuovo spazio?
Per la sua specificità. Il PAV tratta quel filone dell’arte contemporanea che ha in qualche modo a che fare con il vivente: il vivente in quanto organismo vivo, che ha un proprio ciclo vitale, ma anche il vivente in quanto persona, l’utente, il pubblico a cui si rivolge. C’è un’attenzione particolare verso il pubblico. L’arte una volta era elitaria, il museo era un luogo per pochi. Nonostante si siano fatti grandi passi avanti sulla frequentazione dei luoghi della cultura da parte di un pubblico sempre più ampio e sempre più vario, ancora oggi l’arte contemporanea, essendo spesso di difficile comprensione, tende ad avere una platea di esperti o simpatizzanti del settore.
Il Parco accoglie il cittadino nei suoi spazi verdi, lo richiama e gli si concede sotto forma di un pezzo di natura che è stato ritagliato in mezzo alla città, un pezzo di natura che è stato restituito ai suoi abitanti. Ma il PAV, è qualcosa di più che un semplice parco. E’ qualcosa di più che un semplice museo. È un luogo nel quale saranno presenti installazioni artistiche, un luogo di incontro e sperimentazione per artisti provenienti da luoghi diversi, è un luogo relazionale dove si prevede un coinvolgimento attivo dei diversi pubblici.
Per questo è importante che il linguaggio in uso al PAV sia comprensibile a tutti, specialisti e non.

In particolare, mi è stato inviato il comunicato stampa di un progetto che prenderà corpo alla fine di maggio (da giovedì 27 a sabato 29), JARDIN MANDALA (nota: il comunicato stampa che segue è simile a quello che si trova sul sito, ma più approfondito; vale la pena leggerlo):
Il PAV Parco Arte Vivente, inaugura Jardin Mandala, il giardino di Gilles Clément (Parigi, 1943) studiato appositamente per la superficie verde del tetto pensile del centro d’arte. E’ un giardino percorribile di circa 500mq che – riprendendo idealmente la struttura di un Mandala, notoriamente costituito da sabbia e pigmenti a sottolineare la delicatezza e l’impermanenza dell’esistenza – fonde nell’impianto vegetale, formato da sedum e graminacee, aspetti di perfezione e caducità della bellezza. L’intervento si sviluppa sulla sommità della collina che contiene “Bioma”, percorso interattivo permanente di Piero Gilardi. Clément ha voluto così cogliere la sfida di questo sito impiantando specie vegetali che si radicano anche nei terreni più aridi e che sopravvivono senza particolari cure di giardinaggio.
I Mandala, per tradizione, sono uno strumento unico per acquisire la consapevolezza di uno spazio nel quale fissare la mente, centrando la comprensione del proprio mondo interiore. Jardin Mandala – secondo l’autore – “può rappresentare sia il contenitore che il contenuto”, vale a dire l’insieme delle biodiversità vegetali nel loro costante divenire.
Ad approfondimento delle tematiche sviluppate nell’intervento di Gilles Clément, seguito dall’architetto paesaggista Gianluca Cosmacini, è organizzata giovedì 27 maggio, una tavola rotonda condotta da Alessandro Rocca (tra i relatori Michelangelo Pistoletto, Piero Gilardi, Gaia Bindi, Rocco Curto) presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Il teorico francese, infine, è protagonista del workshop Jardin Mandala condotto al PAV nell’ambito delle Attività Educative e Formative del museo.
Ma la cosa che mi ha più entusiasmata (e divertita) rispetto a questo progetto sono due immagini che erano allegate alla mail di presentazione, due fotografie dello stesso Clément e di un altro signore che, diligenti, sono ripresi mentre mettono a dimora le piantine – nella fattispecie alcune Stipa tenuifolia e altre graminacee che non riesco a distinguere, speriamo mettano un elenco delle specie prescelte – che andranno a comporre il disegno del mandala. Una visione, se vogliamo, così poco canonica rispetto all’idea algida del progettista puro che nel silenzio delle sue stanze concepisce un elaborato teorico che verrà messo in pratica da altri. E soprattutto la manifestazione esplicita del tempo che ci vuole perché un progetto di verde prenda corpo, una variabile che troppo spesso viene dimenticata e sottovalutata nella progettazione. Quando si tratta di piante non posso permettermi di tralasciare l’andamento della vita, i ritmi di crescita, i possibili fallimenti, nell’illusione di un “pronto effetto” che difficilmente si realizzerà e manterrà nel tempo.
Bravo a Gilles che sta faticando ora per mostrarci la sua opera a maggio e buona Pasqua a tutti!